Si parla spesso di “magia del Natale” quando in prossimità delle feste qualche situazione complicata sembra trovare finalmente soluzione. L’espressione è in realtà assurda, perché di magia proprio non si tratta, la nascita del Signore è quanto di più reale, concreto, direi quasi materiale il nostro Dio ci abbia fatto dono, senza effetti speciali. Mentre la magia afferma di poter fare a meno del mondo divino, perché a forza di formule e trucchi (chi non ha ripetuto le parole di un qualsiasi episodio di Harry Potter?) pretende di piegare la fisica e il nesso di causa-effetto, il Natale ci porta la sicurezza che è vero Figlio di Dio “uno di noi”, e questa comunanza di origine può essere anche comunione di destinazione, se riusciamo a mettere da parte la pretesa di decidere egoisticamente ciò che è bene e male per noi stessi. Prendiamo invece atto che il più profondo desiderio dell’uomo (la felicità della vita) è realizzato nell’incontro con un bimbo indifeso, donato all’umanità nelle condizioni più umili immaginabili, consegnato affinché trovi accoglienza incondizionata. Il racconto del Vangelo secondo Luca, con i dettagli sui pastori, gli angeli e la mangiatoia, pare volerci trasportare gli odori, i suoni, le sensazioni vissute dal Dio fatto uomo in quei primi momenti di vita terrena. Accolto in pienezza di fede dalla Madonna all’annuncio di Gabriele, nutrito per i mesi di gestazione, partorito e accudito perché sommamente indifeso, Gesù diventa il centro di gravitazione della Storia umana, come infatti tra le altre cose il conteggio del calendario testimonia. Ancora una volta siamo giunti all’evento più inimmaginabile (l’Incarnazione) e quindi più autentico e veritiero, perché l’uomo non avrebbe potuto esigerlo/inventarlo/falsificarlo. Sono chiamati a testimoni dei semplici pastori, uomini abituati alla fatica e alle ristrettezze, concreti e pratici, poco propensi alle speculazioni filosofiche. Vivevano l’attesa di un Salvatore annunciato dai profeti ormai da secoli e secoli, e tanti avevano abbandonato la speranza di vedere riempito il vuoto interiore che sentivano. Ma quelli chiamati dagli angeli a rallegrarsi perché “oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” sono accorsi senza indugio alla grotta, e hanno contemplato le meraviglie realizzate da Dio. Chissà con quale carica interiore sono poi tornati al lavoro quotidiano. Noi che conosciamo il Vangelo “ex-post” sappiamo che per i loro contemporanei ci vollero anni prima di sentire la parola salvifica di Gesù, perciò possiamo considerarci “fortunati” perché ascoltiamo queste pagine già con il cuore rivolto al compimento della missione redentrice, la Pasqua del Signore. Nel mondo ci sono purtroppo miliardi di persone che vivono il Natale (ma si inizia a sostituire il termine con un generico “Buone feste”) semplicemente per l’aspetto vacanziero assunto nel mondo occidentale, quasi fosse una pausa concordata dalla maggioranza. È un compito aperto per i cristiani quello di affermare/fare/celebrare il vero senso di questo giorno, perché anche se non lo sanno, tutti ne hanno l’urgente necessità.