Venerdì 22 marzo alle ore 21 nel salone della scuola media salesiana, mons.Gabriele Mana, vescovo emerito di Biella, è intervenuto sul tema dell’educazione in riferimento a Don Bosco e all’attualità. I numerosi genitori presenti hanno seguito con attenzione e coinvolgimento le riflessioni pacate e profonde del relatore, che esponiamo sinteticamente.
Il punto di partenza è la vita, che va intesa essenzialmente come dono, perché tutto ci è donato, compreso il nome che portiamo e che ci identifica. L’educazione serve a sviluppare al meglio la vita di ognuno. È un’arte, certo non facile specialmente oggi, perché esistono molteplici agenzie educative divergenti tra loro e rispetto ai genitori. In passato erano essenzialmente tre: famiglia, chiesa, scuola, che operavano abbastanza all’unisono. Oggi però queste tre agenzie si ritrovano molto indebolite rispetto alle altre che operano nella società, nei mezzi di comunicazione, nei social in modo invasivo e persuasivo.
L’educazione resta un rischio: l’esito è mai scontato. Questo ragazzo diventerà una consolazione o un problema per i genitori? Molto dipende dall’influsso della società e dalla sua stessa libertà. È importante che ogni educatore cerchi di cogliere in ogni ragazzo un sogno, un progetto. Così Don Bosco si relazionava con i giovani, anche con il più difficile in cui cercava un aspetto positivo su cui far leva per costruire la sua personalità. Mai pensare: quel ragazzo sarà sempre così, non migliorerà mai! Qualunque sia il suo punto di partenza, potrà sempre diventare un capolavoro.
Perché questo si possa realizzare occorre creare attorno ai ragazzi un clima di famiglia, che significa trascorrere del tempo con loro per conoscerli sempre meglio, chiedere loro con bontà e fermezza il rispetto delle regole, fare breccia non solo nella loro testa ma soprattutto nel loro cuore. “Occorre non solo amare i giovani, ma fare in modo che si accorgano di essere amati” diceva don Bosco. Importante però essere concreti come è stato lui: favorire il gioco, lo sport, la compagnia degli amici, l’impegno sociale, il volontariato, per diventare “onesti cittadini e buoni cristiani”. In altre parole persone aperte alla realtà, ai valori e agli altri, non individui chiusi in se stessi e nei propri interessi. Infine agire con gioia e sguardo positivo verso i giovani di oggi, non con lamentele e rimpianti dei bei tempi passati.
L’educazione oggi si basa su quattro pilastri:
- suscitare interrogativi, non solo imporre regole
- offrire motivazioni, non solo “fai così perché te lo dico io!”
- “manipolare” insieme, cioè fare delle attività insieme (lavoretti, gioco, biciclettate…), come accadeva una volta; intanto si condividono i valori della vita; sempre però tenendoli al loro posto: prima i genitori, poi i figli (a tavola la mamma serve prima il marito, poi i figli, che non devono diventare i principini)
- essere autorevoli, come Gesù che parlava con autorità e molti lo seguivano; questo significa dire sempre la verità a qualunque prezzo, mentre oggi prevalgono le opinioni, ed essere coerenti; i figli non ascoltano tanto, ma certo vedono il comportamento dei genitori ed è soprattutto questo che incide in positivo o in negativo.
Alle domande poste dai presenti, il Vescovo ha risposto sviluppando altri aspetti importanti relativi all’educazione.
Non basta la famiglia, fondamentali sono gli amici positivi con cui si relazionano sempre di più man mano che crescono: si forma il gruppo dei pari, prima amici di appartenenza, poi di riferimento quando crescendo seguono anche altri interessi. E’ molto importante favorire questi gruppi di amici veri: tra loro si confidano di più che con i genitori e hanno un’influenza enorme.
Il sommo bene deve restare la verità, in tutti i campi, non la libertà, che è funzionale alla verità, altrimenti diventa arbitrio distruttivo. I valori veri devono valere sia per l’adulto che per il giovane: questa è onestà e coerenza. Anche il valore della sessualità fisica rientra in quest’ottica: non prima e non fuori del contesto giusto che è il matrimonio. Questo non perché è una realtà negativa, ma perché è troppo bella e preziosa per sprecarla banalizzandola. La sua verità profonda consiste nell’essere espressione di amore totale, che nel matrimonio tocca tutti gli aspetti della vita. Nella cultura contadina si veniva a contatto con questa realtà in modo naturale e genuino. Oggi il rischio di deviazioni pericolose è molto maggiore.
Concludendo mons.Mana ribadisce che l’educazione resta un’arte che si impara in un cammino di crescita personale per tutta la vita. Occorre affidare i figli al Signore, perché questo cammino di crescita di entrambi, figli e i genitori, non dipende solo da noi.
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